Facebook: il bilancio dopo un anno di Reactions

Dopo il lancio – ormai più di un anno fa – dei pulsanti: “Love”,“Ahah”,“Wow”,“Sigh”e“Grr” è sempre più evidente la reazione di Facebook all’evoluzione del canale visivo rispetto a quello testuale.

Che effetto ha avuto questo cambiamento nella sintassi della comunicazione per i professionisti del business?

1 anno di Reactions

300 miliardi in un anno: tante sono le Reactions che i nuovi pulsanti “Love”, “Ahah”, “Wow”, “Sigh” e “Grr” hanno fatto registrare su Facebook, accanto all’ormai obsoleto – ma sempre in auge – pollice all’insù.

Introdotte allo scopo di poter esprimere in maniera immediata diverse reazioni ad un contenuto, le nuove Reactions sembravano essere interessanti anche per aziende e brand in generale.

Tuttavia, a distanza di un anno dal lancio di questa nuova funzionalità, non sembra che gli inserzionisti abbiano colto appieno l’opportunità e le potenzialità valutando che il semplice like rimane sempre granitico al 90% delle reactions totali.

Ma nel complesso, le reactions si rivelano comunque uno strumento utile – per chi pubblica una notizia drammatica per esempio – laddove il like non permette di esprimere un apprezzamento adeguato, oppure per creare engagement sfruttando due diverse reactions per far esprimere agli utenti un giudizio immediato.

In sostanza, le Reactions ben rappresentano lo specchio dell’evoluzione verso un web sempre più visivo, dove si comunica per immagini ed emoji, nell’oceano di fotografie e video condivisi ogni minuto.

E qui il riferimento è alle Stories: la funzione, introdotta quasi contemporaneamente da Facebook, Whatsapp e Instagram, che permette di pubblicare contenuti che spariscono dopo 24 ore, sul modello di Snapchat.
In questo caso l’impatto per le aziende è stato notevole creando una vera e propria corsa all’utilizzo delle Stories per conquistare l’attenzione degli utenti nel mare magnum della comunicazione social.

Proprio per la grande quantità di piattaforme e messaggi a disposizione degli utenti, la vera sfida per le aziende è riuscire ad adattare questa nuova sintassi al proprio brand, creando contenuti accattivanti e di valore.

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